Anni fa, il Politecnico di Milano organizzò un convegno dal titolo particolarmente incisivo: “Industria 4.0: la rivoluzione si fa con le persone!”. Durante il convegno venne dedicato ampio spazio al tema dell’identificazione delle skill e delle figure professionali che sarebbero state necessarie per cavalcare l’onda della digitalizzazione industriale, sia a livello sistemico che di singola organizzazione.
Ad alto livello, la riflessione è di grande attualità ancora oggi e plasma il concetto di formazione per l’industria 4.0. Qualsiasi industria, infatti, è un ecosistema sinergico di tecnologie, persone e processi, e nonostante il focus – anche per una questione di puro appeal – vada sempre sulla componente tecnologica, spetta poi alle persone concretizzare i benefici del nuovo paradigma facendosi trovare pronte all’appuntamento.
Lo skills gap nel contesto industriale
L’industria manifatturiera sta facendo i conti con uno skill gap importante, al punto che, secondo uno studio di Deloitte, nel 2030 si conteranno 2.1 milioni di posizioni vacanti nei soli Stati Uniti.
I motivi sono diversi, ma la certezza è che la trasformazione digitale sta creando nuovi ruoli e specializzazioni che i percorsi formativi aziendali e accademici non riescono a coprire. Per quanto concerne i ruoli, è indicativa un’affermazione del WEF: “[entro il 2025, ndr] potrebbero nascere 97 milioni di nuovi ruoli in linea con la nuova distribuzione del lavoro tra persone, macchine e algoritmi”.
L’opportunità di partecipare alla costruzione del futuro dell’industria manifatturiera, che peraltro è il pilastro dei sistemi economici, è decisamente interessante. Tuttavia, questa partecipazione richiede una rimodellazione delle skill tradizionali e l’aggiunta di nuove capacità sconosciute in era pre-4.0, anche per quanto concerne il segmento delle soft skill.
Formazione Industria 4.0 e le professioni data-driven
Per definizione, digitalizzare significa mettere al centro il dato, e per questo non stupisce l’enorme attenzione che il settore manifatturiero ha riservato negli anni alle professioni e alle competenze della Data Science, che di conseguenza rientrano nel quadro della formazione industria 4.0. Tempo addietro, lo stesso Politecnico di Milano identificò come competenze chiave il data management, la data analysis e la data visualization, prevendo il ruolo cruciale di queste abilità nel mondo industriale in evoluzione.
Nel corso del tempo, sono poi emerse figure professionali specializzate, come i data analyst, data engineer e data scientist, dedicati alla gestione e all'estrazione di significato dai dati stessi. A livello apicale, le aziende più strutturate hanno introdotto il Chief Data Officer, responsabile della strategia dati aziendale, compresa un’eventuale data monetization.
Il data scientist si erge come figura centrale in questo scenario. Ciò che lo rende così appetibile è la sua natura "full stack", poiché questi professionisti possiedono competenze informatiche avanzate, sono in grado di applicare tecniche innovative come il machine learning e il deep learning e, soprattutto, possiedono competenze avanzate di dominio, che sono essenziali per indirizzare i dati verso obiettivi concreti, come la riduzione dei fermi macchina, l’ottimizzazione dei consumi di materiali o altre sfide specifiche del comparto manifatturiero.
L’integrazione IT/OT e il focus sulla OT Security
Uno degli elementi cardine del paradigma industriale 4.0 è la convergenza tra le tecnologie del mondo IT e l’universo degli impianti OT. Le competenze necessarie ad abilitare un'interazione sinergica tra sistemi concettualmente lontani sono molto ambite, così come lo sono quelle legate all’OT Security.
La formazione industria 4.0 deve occuparsi di protezione dei sistemi OT, che non hanno mai avuto bisogno (in passato) di una security by design, poiché l'interconnessione ha amplificato la superficie d’attacco ed esposto le infrastrutture industriali a molteplici minacce. Competenze quali la capacità di governare la cyber security in uno stabilimento industriale, ridurre la superficie d’attacco, segregare i dati, micro-segmentare le reti e implementare interventi correttivi sono richiestissime per ridurre i rischi dell’era digitale e mantenere intatti i livelli di compliance.
Formazione Industria 4.0 e l’universo delle operations
Tutto il macrocosmo delle operations (operations management) è fortemente impattato dal paradigma 4.0. Sono quindi sempre più richieste capacità di integrazione delle tecnologie abilitanti (IoT, Augmented & Virtual Reality, sistemi di robotica collaborativa…) all’interno dei processi di fabbrica, al fine di sviluppare efficienza, innovazione, nuovi modelli di business (es, servitizzazione) e anche livelli superiori di sicurezza nel contesto dello shopfloor. Chiaramente, è molto ambita la capacità di riprogettazione dei processi in funzione delle possibilità offerte dalle nuove tecnologie.
Sempre in quest’ambito, degne di approfondimento sono competenze avanzate nell’ambito dell’additive manufacturing (soprattutto la capacità di progettare per la manifattura additiva) e skill di programmazione e gestione della robotica collaborativa, che è uno dei pilastri tecnologici del mondo 4.0. Essere in grado di interagire con le macchine attraverso interfacce innovative e, soprattutto, di accompagnare la propria azienda verso i digital twin di prodotto sono plus non indifferenti in questo settore.
Ci sarebbe poi tutto l’universo della gestione della supply chain, un ecosistema sempre più digitalizzato, ormai prioritario nel business aziendale e intriso di innovazione. Parliamo quindi di competenze necessarie per operare uno smart warehouse, conoscenza di piattaforme IoT, capacità di gestione e armonizzazione del flusso di dati dell’intera supply chain, nonché capacità di integrare rapidamente l’innovazione all’interno dei processi.
Il ruolo cardine delle soft skill
Le sole competenze tecniche, per quanto centrali, non completano il quadro delle capacità richieste nell'era di Industria 4.0, soprattutto in un periodo di transizione così importante. In questo contesto, le soft skill giocano un ruolo fondamentale nel definire il successo professionale di una persona.
Tra quelle più ambite, di sicuro le capacità di problem solving, ma anche la creatività, che si abbina molto bene con il forte contenuto innovativo del nuovo paradigma, con l’esigenza di miscelare tecnologie diverse e di riscrivere i processi tenendo conto degli obiettivi aziendali. Il pensiero critico è sempre fondamentale, così come lo sono la capacità di gestione e di organizzazione delle risorse umane, che restano – nonostante tutti i timori legati all’automazione – il cuore pulsante dei nuovi modelli produttivi. Comunicare in modo corretto, non solo indicazioni e direttive ma anche dati, è un’altra capacità che non può in alcun modo mancare in un paradigma che guarda con attenzione al futuro.
Infine, la relazione tra tecnologie 'emergenti' ma sempre più comuni come l'IA e assistenti virtuali avanzati – ad esempio ChatGPT – e le skills richieste per il loro governo è un aspetto cruciale: porre le domande giuste (prompting), cercare fonti affidabili e saper discernere le informazioni contrastanti sono competenze fondamentali per il loro utilizzo.
Capire quali compiti affidare a queste tecnologie, come adattarle alle esigenze specifiche dell'azienda e come valutare le prestazioni dell'IA diventano abilità chiave, come la capacità di interpretare i risultati prodotti e di tradurli in azioni concrete.
L'industria 4.0 è in continua evoluzione, e chiunque sia disposto a investire tempo ed energia nell'apprendimento e nell'applicazione delle tecnologie emergenti potrà trarre un vantaggio significativo in un ambiente industriale in rapida trasformazione.